Palazzo
Pantelleria-Varvaro
Palermo
Palazzo Pantelleria- Várvaro era conosciuto nei tempi antichi come Palazzo Requesenz, in quanto loro dimora.
I Requesenz (o Requesens) erano una illustre famiglia spagnola, di origine reale alemanna, la quale attorno al XV secolo aveva fatto due passaggi in Sicilia: il primo con Bernardo Requesenz, venuto con l’incarico di viceré al tempo di Alfonso V d’Aragona, progenitore dei principi di Pantelleria, conti di Buscemi e di Regalmuto; il secondo passaggio si era avuto con Berengario Requesenz, generale delle galere di Sicilia, e ceppo dell’altro ramo dei baroni di San Giacomo.
Tra il 1525 e il 1555 un altro Bernardo Requesenz, gran cancelliere del regno e pretore di Palermo, promosse la costruzione di questo palazzo, alle spalle della chiesa di San Domenico: della sua epoca resta un portale di ingresso al piano nobile, in cima alla scala cinquecentesca, con accesso da Largo Cavalieri di Malta (già piazza Valverde), a quel tempo principale ingresso del palazzo, portale che reca la dicitura dell’anno 1555; restano pure gli archi gotico-catalano del portico della corte interna e alcune finestre aperte sullo stesso portico; restano pure alcuni bassorilievi nel prospetto ovest della corte, raffiguranti piccoli putti reggenti l’arme araldica dei Requesenz.
Per il resto, l’impronta dominante della principesca dimora (nel 1492 i Requesenz avevano acquistato l’isola di Pantelleria e nel 1620 Antonio Requesenz, vicario generale del regno, ne era divenuto il primo principe) è quella dei secoli XVIII-XIX, ancora riconoscibile nei grandi saloni con tempere, di fine Ottocento, a scene mitologiche di notevole bellezza, firmate da Giovanni Enea.
Tipicamente settecentesca è la cosiddetta “sala dell’alcova”, di eleganza rococò, con pavimento d’epoca in maiolica, ancora ben conservato.
Sulla volta del salone grande vi è un grande dipinto riproducente l’investitura di Giuseppe Requesenz (1556) da parte di Filippo II di Spagna.
Sulle origini del palazzo poco è stato tramandato dai cronisti dell’epoca. Il Villabianca accenna ad un’antica fabbrica “con merli che ne coronano le mura, testimoni molto loquaci dell’antica origine della gran signoria dei Requesenz”: sappiamo così come un tempo la casa dei Requesenz presentasse l’aspetto di u palazzo-fortezza coronato da merli, a somiglianza di altre cospicue dimore dei tempi.
Ma l’aspetto turrito e medievaleggiante andò disperso nella ristrutturazione tardo-settecentesca, quando l’edificio fu ingrandito prima da Giuseppe Antonio Requesenz e poi dal figlio Francesco Requesenz e Branciforte, consigliere di Stato, presidente della suprema Corte di Sicilia, ambasciatore presso le corti fi Francia e d’Inghilterra: si deve al primo l’ammodernamento e ampliamento del palazzo, secondo un progetto dell’architetto Giovanni Del Frago tra il 1752 e il 1755, come emerso dalla più recente ricerca archivistica; mentre al secondo devesi la sopraelevazione di un altro piano e l’opera di abbellimento degli interni appartamenti, arricchiti di stucchi, pitture, maioliche figurate e sontuosi arredi.
Verso la fine del Settecento il palazzo venne diviso in due parti: l’ala nord su Largo Cavalieri di Malta (già Piazza Valverde) fu data in dote a Teresa Requesenz, moglie di Giuseppe Gravina principe di Comitini (da cui il nome, con cui poi venne chiamato, di Palazzo Gravina), mentre l’ala sud-ovest su Piazza Meli restò ai principi di Pantelleria, che si estinsero poi nel 1848 con la morte di Emanuele, personaggio importante del Risorgimento siciliano.
Ma già nel 1835, a causa del grave dissesto finanziario del casato, lo storico palazzo venne messo all’asta: a rilevarlo nella sua quasi interezza fu la famiglia Várvaro (ancora oggi proprietaria della maggior parte dell’immobile), mentre il terzo piano venne assegnato alla famiglia Omodei.
Abitazione della famiglia Várvaro, a cui si deve l’attuale aspetto ottocentesco, il palazzo conobbe nuovo splendore in quanto centro delle tante attività finanziarie, pubbliche e filantropiche in cui si distinsero i Várvaro nel XIX secolo. Inoltre, essendo Francesco Várvaro Pojero console generale dell’Impero Austro-Ungarico sino al 1914, ebbe tra i suoi ospiti anche membri della famiglia imperiale.
Su Largo Cavalieri di Malta, il prospetto del palazzo è ancora quello settecentesco: un alto portale affiancato da colonne, concluso con maschera apotropaica, balcone d’onore con mensola mistilinea e ringhiera in ferro sagomata a petto d’oca. Nella parte superiore conclude l’edificio una balaustra a colonnine di tufo, di elegante disegno. Il prospetto su Piazza Meli, contrassegnato da un grande stemma angolare in pietra scolpita, è ottocentesco.
La parte più antica del palazzo va ricercata nella corte interna alla quale si perviene da un lungo andito aperto sul prospetto di piazza Meli: un’ampia corte porticata scandita da uno studiato gioco di vuoti e di pieni, espresso dagli archi ribassati cinquecenteschi, su colonne di tufo. Al centro della corte il famoso ficus, piantumato nel 1896 da Francesco Várvaro Pojero, appassionato di botanica: la caratteristica che lo rende forse unico in Europa è di non avere le dannose radici orizzontali, ma solo quelle a fittone che sprofondano sotto terra.
Una scala di marmo grigio di billiemi con rampa balaustrata conduce al piano nobile, passando davanti a un altro grande portale di marmo cinquecentesco, sul cui architrave campeggia ancora lo stemma dei Requesenz, tre torri d’oro con quattro pali di rosso (per la casa d’Aragona) sottolineato da una iscrizione latina: “Esse malo quam videri”(preferisco essere che apparire), perentoria affermazione di alterigia nobiliare che ancora resiste su queste mura nella quali il tempo non è riuscito a scalfire i segni di una trascorsa nobiltà.